LETTERA DI JACQUES CAMATTE A UN AMICO DEL NORD
“In altre parole, nel tentativo di proteggersi, la specie si è rinchiusa in un divenire, nella sua erranza; diventando così incapace di immaginare altro. In ciò consiste la sua follia. Lo si evince dalle reazioni di malcelato panico dei leader, in tutti i campi.”
Pubblichiamo la traduzione di questa lettera del filosofo francese Jacques Camatte, che si può leggere qui in francese e inglese. Vi si ritrovano alcuni concetti, come l’erranza dell’umanità e l’autonomizzazione del capitale, sui quali ci proponiamo di tornare in futuro, per quel che ne saremo capaci. Ciò che prima di tutto ci colpisce è la volontà di nominare il pericolo – il pericolo più grande – senza catastrofismi compiaciuti. La minaccia non sta certo solo in questo virus (fa sempre bene ricordarlo), è profonda, dura da prima e resterà dopo. Nella voragine che si apre possiamo però scorgere delle possibilità di salvezza, di uscita, di scarto. Il riferimento alla naturalezza che ritorna durante le catastrofi naturali, e che è fatta di solidarietà e preoccupazione per gli altri, ci sembra significativo. Questo è il tempo di ripensare i nostri gesti e vivere fino in fondo, con quanto più coraggio possibile, il tempo folle e terribile che abbiamo davanti. Se la sveglia suona sta suonando per tutti – nessuno escluso.
Da tempo penso che la specie stia rischiando l’estinzione. Questo è stato scientificamente confermato. Ci sono due casi nella Storia: uno risale a 120.000 anni fa, l’altro a 70.000 anni fa. Questo ha lasciato l’impronta di una potenziale minaccia per la specie. Per scongiurarla essa si è distaccata dalla natura. Ma, a quanto sembra, la minaccia sta venendo ignorata e l’essere umano sta riaprendo la possibilità della sua estinzione. Siamo giunti al momento finale, decisivo: la fine dell’erranza. Nel penultimo capitolo, il quattordicesimo, di Emergence de Homo-Gemeinwesen, intitolato “La situazione attuale”, espongo tutto questo nel modo più preciso possibile.
Riassumendo: per sfuggire alla minaccia “naturale” la specie si è separata dalla natura, ma per sfuggire alla minaccia “antropica” deve reintegrarsi in essa – il che non implica una fusione. Tale reintegrazione richiederebbe un immenso ritorno del represso, di una naturalezza del tipo che vediamo in mostra durante le catastrofi naturali, nella solidarietà e nella preoccupazione per gli altri, ecc. …come pure una sospensione delle dinamiche di inimicizia, che oggi si trasformano necessariamente in dinamiche di eliminazione. Di conseguenza queste ultime non devono sorgere tra coloro che scelgono o opteranno per la virtualizzazione – a scapito della rimozione di ciò che resta dei rapporti umani – e coloro che saranno colpiti dal ritorno del represso.
In altre parole, nel tentativo di proteggersi, la specie si è rinchiusa in un divenire, nella sua erranza; diventando così incapace di immaginare altro. In ciò consiste la sua follia. Lo si evince dalle reazioni di malcelato panico dei leader, in tutti i campi. Lo percepiamo, per esempio, dal fatto che il Coronavirus sembri evocare in maniera irresistibile una minaccia.
Ciò che è interessante è che stiamo assistendo al disvelamento di un vasto fenomeno durato migliaia di anni, ed estesosi tra i due grandi momenti nei quali si è affermata la minaccia dell’estinzione. Siamo nel cuore del suo svolgimento, ovvero nel momento della manifestazione, dell’epifanizzazione che segnala la sua integrale potenza, del rischio.
È come se nulla più dovesse accadere, è come se tutto si dovesse giocare ora. Non possiamo tuttavia prevedere quanto tempo occorrerà. L’importante è che duri al punto da poterlo vivere nella sua totalità: il che richiede di ristabilire il primato dell’affettività, che ci dà il senso della continuità e quindi della forza della vita.
Ti avviso che, se non parlo di capitalismo, non è perché il capitale è morto, ma perché la sua forma si è autonomizzata; noi possediamo solo la sua virtualità, la quale avrà un ruolo decisivo nel “disvelamento” di cui sopra.
Ho molto apprezzato il testo di Massimo de Carolis, che mette giustamente in evidenza il significativo intervento della virtualità, la quale tende a sostituirsi alla naturalezza.
Ti auguro tutto il meglio,
Buon viaggio,
J.C.