ANATOMIA DELLA COMUNICAZIONE
Ovvero due dritte, rubate alla sociologia, che ci potrebbero essere utili nel quotidiano
Le varie correnti politiche del frastagliato mondo di chi lotta si trovano estremamente divise sull’approccio da tenere verso il mondo mediatico. C’è chi lo respinge in maniera assoluta, chi lo detesta ma cerca di usarlo a proprio beneficio, chi crede nella creazione di media indipendenti dove far circolare le proprie notizie, chi ne fa lo strumento principale della propria attività, ecc…
A prescindere dal posizionamento assunto, nessuna persona può negare l’assoluta rilevanza che i media hanno ormai assunto nella società contemporanea. Ne sono pienamente consapevoli soprattutto quelle persone che proprio contro questa società si organizzano e strutturano la propria attività politica. È infatti estremamente elevato (rispetto alla numerosità dei gruppi) il numero di pubblicazioni di ogni genere e sorta che i compagni e le compagne hanno, storicamente, sempre prodotto – in particolare quelle di tendenza libertaria-. Per questi motivi sembra importante cercare di dotarci di alcuni minimi strumenti interpretativi sul ruolo e sul funzionamento del messaggio mediatizzato, e questo non solo per comprendere quello a noi esterno (cosa comunque assai rilevante), ma anche per capire a quali meccanismi ci affidiamo quando siamo direttamente noi a servirci della mediatizzazione dei messaggi; sia che questo avvenga con una conferenza stampa, sia affidando un messaggio ad un opuscolo, ad una rivendicazione o ad una fanzine.
Frame
Quando raccontiamo qualcosa a qualcuno, scriviamo un comunicato su uno sgombero, leggiamo un articolo sull’abusivismo o sulla questione migranti, quando – in definitiva – enunciamo un qualunque fatto ne diamo automaticamente un’interpretazione. A livello concettuale potremmo dire che non esistono fatti puri e semplici, ma interpretazioni di fatti più o meno distanti dalla realtà. Questo avviene perché applicando la narrazione alla realtà noi utilizziamo (consapevolmente o meno) una cornice interpretativa o frame.
Il frame è la logica con cui interpretare il messaggio. Ciò significa che nel momento stesso in cui si enuncia un fatto si enuncia, contemporaneamente, la grammatica della sua interpretazione. Nella stragrande maggioranza dei casi dell’utilizzo quotidiano della comunicazione questa logica è tacita. Farla emergere è il primo passo per renderci consapevoli dei suoi meccanismi di funzionamento.
Le caratteristiche basilari del frame sono in realtà piuttosto semplici e possono essere ridotte essenzialmente a due funzioni che operano contemporaneamente:
1- Salienza: Nel raccontare qualcosa a qualcuno noi procediamo ad un’opera di selezione, esaltazione e/o esclusione di alcuni aspetti della realtà rispetto ad altri. Sarà capitato a chiunque di essere testimone di un fatto, di vederlo raccontato da qualcun altro e dirsi: “io l’avrei raccontato diversamente”. Questo accade perché ogni persona avrà recepito con maggior forza alcuni aspetti di quell’evento, oppure vuole raccontarne solo alcuni perché sono quelli che lui/lei giudica più importanti o, ancora, ci sono alcuni aspetti più funzionali al suo scopo comunicativo di altri. Non si tratta solo di una maggiore o minore capacità di sintesi, ma piuttosto dei meccanismi di selezione degli aspetti di un unico fatto che ci fanno decidere quali tacere, quali esaltare, quali ritenere importanti e quali no. Un classico esempio di questa funzione è la specificazione della nazionalità di una persona negli episodi di cronaca nera. Se si vuole sottolineare il fatto che il rapinatore era straniero, significa che questo aspetto del fatto è ritenuto saliente.
2- Connettività: La seconda funzione del frame è quella di fornirci un principio organizzativo delle associazioni fra idee. Questa funzione disvela il ruolo del frame nel costruire l’intelaiatura culturale in cui siamo immersi e che ci suggerisce quali idee associare a determinati eventi. Ad esempio, se si parla di immigrazione associando questo fenomeno alla questione sicurezza è evidente che si sta proponendo una connessione fra i due fenomeni, implicando pertanto un principio di causa-effetto fra il primo e il secondo. Nel linguaggio giornalistico contemporaneo spesso si utilizzano coppie di parole in associazione per rafforzare l’idea di un vincolo causale; emergenza-sicurezza, problema-immigrazione, emergenza-abitativa, guerra-droga, ecc… Questo meccanismo di connessione si adopera politicamente per presentare alcuni fenomeni come problematici (e quindi da risolvere) ed altri come desiderabili (e quindi come fini da perseguire).
Ma perché alcuni valori sono più accettati di altri? Perché alcune connessioni ci sembrano scontate ed ampiamente condivise, mentre altre faticano a trovare accettazione?
I frame non operano nel vuoto, ma nel dibattito interno della sfera pubblica, ed è in questa sfera che possiamo comprendere il reale funzionamento del frame.

Sfera pubblica
La sfera pubblica, o dell’opinione pubblica, viene comunemente identificata come l’ambito di discussione politica delle varie opinioni esistenti nella società. Storicamente si crea con l’avvento delle prime tecnologie mediali (la stampa) e di una classe sociale (la borghesia) che aveva interesse nel riporre al suo interno la legittimazione del potere politico in contrasto con le monarchie assolute all’epoca vigenti in Europa. È opportuno accennare al fatto che di sfere pubbliche ne esistono moltissime, almeno una per ogni gruppo di persone sufficientemente esteso ed omogeneo. Quindi possiamo riferirci al dibattito interno all’area animalista come una particolare piccola sfera pubblica. Lo stesso si può dire per i gruppi di interesse più svariato (tecnologie, musica, sport, ecc..): ogni gruppo crea la sua piccola sfera. Questo processo si è peraltro enormemente esteso con l’accesso di massa alle tecnologie informatiche che hanno permesso un maggiore scambio informativo ai singoli e che hanno annullato il bisogno di prossimità fisica delle precedenti tecnologie. Detto questo, al fine di comprendere il funzionamento, ci riferiremo qui alla sfera pubblica del dibattito politico e sociale nazionale.
Per capire come si posizionano le varie posizioni all’interno di questa sfera di dibattito possiamo aiutarci con un semplice metodo grafico che ne fa risaltare immediatamente le disposizioni.

All’interno della sfera del consenso si trovano quelle posizioni giudicate non controverse e sulle quali si costruiscono i valori fondanti della comunità cui la sfera fa riferimento. Questi valori ed opinioni sono dati per scontati, e sono pertanto considerati tacitamente il minimo grado di compatibilità per poter avviare un dibattito. Non venendo poste in questione, ma appunto dati per scontati, le opinioni interne a questa sfera sono taciute e non vengono esplicitate proprio perché si ritiene impossibile metterle in discussione. Il ricercatore che per primo espose questo modo d’interpretare la sfera pubblica fu Daniel Hallin in uno studio sulla copertura mediatica statunitense della guerra in Vietnam, nel quale concepiva come opinioni appartenenti a questa sfera i principi fondanti dell’ideologia liberale. Opinioni basilari talmente introiettate da tutti i contendenti del dibattito da non essere nemmeno citate tanto era profonda e trasversale la loro condivisione.
Nella sfera del dibattito si trova per l’appunto il campo di dibattito sociale e politico in cui le opinioni divergenti si confrontano e si scontrano. È il campo d’elezione per i giornalisti e per chiunque operi nel dibattito pubblico. È in questa sfera che si creano le agende politiche e si danno le priorità d’intervento sui temi sociali.
Al di fuori della sfera del dibattito legittimo si situano tutte quelle istanze sociali e politiche che non trovano posto nelle rappresentazioni mediatiche maggioritarie. Le posizioni, le opinioni e le visioni che ricadono in questa sfera sono ignorate o presentate attraverso i frame del radicale, dell’inaccettabile o dell’impossibile. Le posizioni politiche che si situano nella sfera della devianza non sono inesistenti (altrimenti non avrebbe nemmeno senso parlare di devianza), sono piuttosto posizioni prive di risorse e potere per potersi manifestare in modo congruo all’interno dell’opinione pubblica della società contemporanea.
Questo schema ci permette, fra le altre cose, di disvelare il ruolo dei giornalisti, degli editori o comunque degli agenti rilevanti per il dibattito pubblico. Essi infatti non sono unicamente dei portatori di istanze all’interno della sfera del dibattito, ma agiscono come veri e propri guardiani operanti sui confini di questa sfera. Grazie alle risorse a loro disposizione gli editori, tramite i meccanismi di frame, possono selezionare il materiale da portare a conoscenza, e quindi a dibattito, dell’opinione pubblica. Il fatto che una pratica o un’opinione rientri nella sfera della devianza non significa che non esista socialmente o non sia praticata nella realtà. Significa piuttosto che non è rilevato sufficiente consenso intorno ad essa perché sia ritenuta legittima, e dunque legittimamente rappresentata.

Discorso come espressione del conflitto sociale – l’interazione tra frame e sfere-
La sfera dell’opinione pubblica, pertanto, non si deve intendere come l’esatta fotografia delle posizioni esistenti all’interno della società, ma piuttosto come il campo di lotta per l’egemonia culturale dove vengono delimitate – dai media – le opinioni accettabili. Non solo, attraverso la funzione di controllo operata dai media all’ingresso della sfera pubblica non si delimitano unicamente le opinioni accettabili, ma anche i criteri stessi dell’accettabilità. Questa dinamica può essere interpretata se utilizziamo congiuntamente il concetto di frame assieme a quello delle sfere.
I frame emergono in maniera particolarmente evidente quando si produce una situazione di acceso conflitto sociale. In una situazione di relativa calma e di assenza di conflitto, le opinioni concorrenti tenderanno a porsi pacificamente all’interno della sfera del dibattito e non divergeranno molto fra loro né in termini di salienza né in termini di connettività. Ma quando le forze politiche si preparano ed agiscono il conflitto, i frame alternativi verranno a galla con maggiore irruenza e saranno maggiormente divergenti. È nel campo della sfera pubblica infatti che le forze politiche tendono ad accumulare e combattersi le risorse di mobilitazione sociale e di accettabilità per dare forza alle proprie pratiche.
I frame operano – come si diceva – non nel vuoto, ma all’interno della sfera di dibattito. Quelli più rilevanti per il conflitto sociale non operano unicamente all’interno della sfera pubblica, ma a cavallo dei confini interni ed esterni di quella sfera. Utilizzando le caratteristiche di salienza e connettività del frame si può offrire una narrazione di un particolare evento che operi fra i confini, al fine di far entrare un’istanza all’interno del dibattito pubblico o, contrariamente, per farla uscire. Ad esempio, se si classifica una certa attività politica come “terrorista”, è chiaro che si sta delegittimando al massimo grado quell’istanza e chi la sostiene. Quando si parla di “criminalizzazione del conflitto” si sta dicendo che esistono degli attori pubblici che, tramite un frame, forniscono un’interpretazione di quella lotta volta a relegarla nella sfera della devianza, e quindi espellerla dal novero delle possibilità. Tramite questo meccanismo interi sistemi di pensiero, di modi di vivere e di concepire il mondo possono essere screditati da parte di chi detiene il potere mediatico.
Escludere un’istanza politica dalla sfera pubblica significa far scomparire la sua agenda politica e la sua interpretazione del mondo. Significa bandire dal dibattito (e quindi dalle possibilità d’azione) una particolare istanza che definisce quali siano i problemi rilevanti in ambito sociale, chi sono i responsabili e, al contempo, quali sarebbero le ricette idonee per aggiustare quei problemi e addossare le responsabilità a chi di dovere.
La presenza di un’istanza all’interno della sfera pubblica serve tanto ai gruppi quanto agli individui come una copiosa fonte di immagini e come un’argomentazione da cui possono attingere in maniera creativa mentre cercano spiegazioni e giustificazioni per le loro attività. In parole povere; il fatto che un’idea esista all’interno della sfera pubblica vuol dire che gli attori sociali (gruppi, singoli, ecc…) avranno a disposizione una particolare interpretazione del mondo alla quale poter attingere per trovare conferme al proprio comportamento, oppure per modificarlo.
Un attacco mediatico-narrativo portato avanti all’interno di una sfera pubblica cerca di tagliare le linee di rifornimento all’immaginario di una comunità in lotta. Il risultato di questo attacco non è sempre visibile e diretto, spesso si compone di piccole allusioni, di utilizzi “minuti” del frame che con il tempo scavano un solco fra una istanza politica e la sua legittimazione. Questo è il motivo per cui l’analisi frame-sfere ci è utile per capire come si costruisce e come si distrugge la legittimità e, al contempo, ci permette di capire quali sono gli attori che la attaccano e in che modo difenderci da tali attacchi. L’invito è quello di prendere un qualsiasi articolo di cronaca ed esercitarsi all’interpretazione del frame sottostante. Il perfezionamento individuale e collettivo di un simile strumento sembra assai utile per potenziare la nostra capacità di lettura del reale e la nostra capacità di orientamento all’interno del conflitto sociale.