CHE COS’E’ UNA CRISI ECONOMICA? – L’esempio della crisi del 2008

Pubblicato da admin il

Arriverà una crisi, è già arrivata una crisi. Qualunque cosa accada, ecco la traduzione di un testo (qui l’originale) al quale ne seguiranno altri, con alcune informazioni di base sulle crisi economiche recenti, che potrebbero aiutarci a capire gli scenari di adesso e del futuro.

Già da molti mesi, il mondo vive una situazione totalmente inedita. Più di metà della popolazione mondiale è confinata senza sapere per quanto, le economie sono ferme e i prezzi del petrolio hanno subito una caduta fenomenale. Malgrado qualche esitazione iniziale, la grande maggioranza dei dirigenti ha dovuto piegarsi alla decisione di fare passare la salute della popolazione davanti al proseguimento delle attività economiche. Nel frattempo, si fa sentire una paura rispetto a dopo, alla crisi economica che ci attende. Primo spoiler: ci sarà effettivamente una crisi, e la questione oggi è piuttosto sapere che forma prenderà: crisi del debito, esplosione dell’Europa, penuria di petrolio, ritorno dell’inflazione…

Le dichiarazioni dei governanti si vogliono per il momento rassicuranti: tutto è stato e sarà fatto per salvare l’economia. Ciò che sembrava peraltro irrealistico ancora poche settimane fa, sembra perfettamente naturale oggi, con lo sblocco di diverse centinaia di miliardi di euro dappertutto nel mondo. Nel frattempo, è talvolta abbastanza difficile ritrovarsi in questa valanga di cifre e di misure prese nell’urgenza. Quali conseguenze potranno avere questa crisi e le differenti azioni messe in campo per bloccarla?

Tutto lascia per ora pensare che il liberalismo e il produttivismo, che ci conducono con certezza alla catastrofe sociale e ambientale, saranno più che mai d’attualità. Abbiamo approfondito le questioni economiche, e vi proponiamo una serie di articoli per analizzare meglio la situazione. Comprendere la crisi del 2008 aiuterà qui a comprendere la situazione attuale, ci permetterà di intraprendere delle proiezioni su ciò che rischia di accaderci, e dopo, ci spronerà a lanciarci in una critica dell’economia stessa e del concetto di crisi.

PRIMA PARTE: COMPRENDERE LA CRISI DEL 2008

La crisi, ancora e sempre. Dal 2008 si sente parlare di lei, cupa litania che ritorna negli articoli e negli altri titoli di attualità. Si tratta qui di analizzarne i meccanismi e la posta in gioco, e soprattutto comprendere come noi ne subissimo ancora le conseguenze prima della crisi attuale.

Nel 2008 scoppia dunque la crisi dei “Subprimes”

Spiegazione: negli Stati Uniti, per accedere alla proprietà di una casa, una famiglia solvibile contrae un mutuo detto “prime”. Il subprime è ciò che potremmo definire l’equivalente per le famiglie meno abbienti, considerate dunque dalle banche come “a rischio”. Detto altrimenti, quelle che presentavano un rischio elevato di non poter rimborsare questo prestito. Le banche procedono subito a “cartolarizzare” questi crediti, vale a dire a venderli su dei mercati specializzati, spesso mescolando dei prestiti immobiliari del tipo subprime e dei prestiti immobiliari poco rischiosi. In poche parole, cartolarizzare i crediti significa, per la banca, vendere dei lotti di credito (un credito è la promessa di rimborso) a degli altri attori finanziari (banche, fondi di investimento, fondi pensionistici…), dato che questi crediti sono divenuti prodotti finanziari. Questo permette alle banche di vendere questi prodotti finanziari sui mercati e, in seguito, ai differenti attori finanziari di scambiarseli come azioni o non importa quali altre attività finanziarie. E’ complesso ma non entreremo nei dettagli.

Una di queste conseguenze è quella di fare dell’immobiliare americana una posta in gioco finanziaria mondiale dato che numerosi attori finanziari dappertutto nel mondo detengono dei suoi prodotti.

Problema: la proporzione di prestiti rischiosi (subprime) aumenta sempre più così come la mancanza di pagamenti; questo si traduce dunque in importanti perdite per le banche. In effetti, anche se le case sono ipotecate e le banche teoricamente protette da un mancato pagamento, la messa in vendita di numerose case nello stesso momento e il calo dell’immobiliare americano le mette in una situazione molto delicata.

In generale, le banche sapevano di stare prestando a dei poveri e che alcuni di loro non avevano i mezzi per rimborsare, ma se ne fottevano, dicendosi che avrebbero sempre potuto sfrattarli e rivendere le case. Quello che non avevano previsto, è che ci sarebbero state sempre più persone che non potevano rimborsare: un numero incredibile di case si sono ritrovate in vendita nello stesso momento, questo ha causato una caduta dei prezzi dell’immobiliare (-30% tra il 2006 e il 2009), e dunque l’impossibilità, anche per le banche, di rivendere le case al prezzo giusto per rimborsare le somme prestate.

Differenti ragioni possono spiegare le difficoltà di pagamento delle famiglie americane. Primo, un rialzo dei prezzi del petrolio che causa un rallentamento economico e delle difficoltà finanziarie (aumento della disoccupazione, potere d’acquisto al ribasso…) per le famiglie. Secondo, l’aumento del tasso di riferimento della FED (banca centrale americana), ovvero il prezzo al quale si presta alle banche commerciali; questo ha come conseguenza di aumentare il peso dei prestiti, dato che questi sono in gran parte a tasso variabile (dunque indicizzati sul “prezzo del denaro”). Queste difficoltà di pagamento delle famiglie hanno come conseguenza di minacciare l’integrità del sistema finanziario mondiale, dato che la difficoltà di una banca comporta quella delle altre.

Si tratta del famoso too big to fail, con le banche che sono diventate talmente importanti ed interdipendenti, che la caduta di una tra di loro comporta la caduta del sistema finanziario. Questo conduce quindi le banche a prendersi sempre più rischi, convinte che saranno sempre salvate dallo Stato.

Nel frattempo, questa crisi che avrebbe potuto non essere altro che una crisi finanziaria in più, diventa una crisi di dimensione mondiale quando il governo Bush, dopo aver iniettato denaro in maniera massiccia per salvare le banche, decide di non farlo per Lehman Brothers, che va in bancarotta. Questo, e soprattutto quell’abbandono, genereranno un panico nella borsa e nella finanza internazionale, minacciando il sistema economico mondiale. In generale, nel momento in cui Lehman Brothers viene abbandonata dall’amministrazione Bush, sono tutte le banche a realizzare che potrebbero fallire dall’oggi al domani, senza essere salvate dagli Stati, che la rete di sicurezza non è permanente. Questo comporta una sfiducia generalizzata, un arresto del mercato inter-bancario, e dunque una paralisi del sistema finanziario mondiale, poiché le banche rifiutano di farsi prestiti tra loro, la fiducia è sparita.

GLI STRUMENTI

Per contrastare questa crisi, gli Stati dispiegano importanti misure economiche e finanziarie, al fine di evitare che questa non si trasformi in un naufragio generalizzato. Per farlo, essi mobilitano i due principali strumenti a disposizione.

Innanzitutto lo strumento monetario, attraverso il ruolo delle Banche Centrali.
(Una banca centrale è un’istituzione che emette moneta, che controlla e applica una certa politica monetaria. Il suo ruolo è più politico che finanziario, nel senso che, contrariamente alle banche che custodiscono i nostri soldi, il suo obiettivo non è il profitto, solo il buon funzionamento dell’economia. Per tale ragione d’altronde, le banche centrale non possono fallire, contrariamente alle banche private.)

Il primo meccanismo del quale dispongono le banche centrali per stimolare l’economia è il tasso direttore. Ovvero il tasso al quale la banca centrale presta alle altre banche. L’idea è di fare in modo che le banche prestino più alle famiglie e alle imprese, perché l’economia sia rilanciata. Perché esse prestino di più, bisogna che il denaro costi meno caro. I tassi delle banche centrali dunque vanno ad avvicinarsi più o meno rapidamente a 0, per non risalire mai dopo la crisi del 2008. Malgrado questi tassi vengano mantenuti bassi, l’economia non è mai realmente ripartita dopo il 2008, i tassi di crescita dei paesi dell’OCSE restano nell’insieme assai modesti.

E’ anche in seguito alla crisi del 2008 che sarà sperimentata su grande scala la politica detta di allentamento quantitativo, o in inglese quantitative easing (QE). Significa per le banche centrali acquistare direttamente sui mercati finanziari dei beni, principalmente obbligazioni di Stato presso banche e investitori. Vuol dire che le Banche Centrale acquistano presso i mercati finanziari i debiti che sono stati emessi dagli stati.

Questo ha due conseguenze:

  • Un’iniezione di liquidità (denaro reale) sui mercati finanziari
  • Il mantenimento dei tassi di interesse basso di modo che gli stati possano continuare a prendere in prestito a poco prezzo dai mercati finanziari

Per farla semplice: Lo Stato prende prestiti presso differenti attori finanziari, questi prestiti sono anche chiamati “obbligazioni”. La banca centrale riscatta queste obbligazioni presso degli organismi finanziari perché essi abbiano del denaro direttamente, e non delle “promesse di denaro”, cosa che, in teoria, dovrebbe motivarle a investire di nuovo questo denaro, e dunque a rilanciare l’economia. Bisogna qui capire che perché l’economia funzioni correttamente, il denaro deve circolare.

Questa politica, per ragioni ideologiche e regolamentari, sceglie di passare in primo luogo per i mercati finanziari sperando che essi finanzieranno successivamente gli agenti economici. Nel frattempo, da un punto di vista empirico, si può osservare come pochissimo di questo denaro arriva alle imprese e alle famiglie. La maggior parte delle somme in gioco va a partecipare alle speculazione sui mercati di borsa o a nutrire la speculazione immobiliare in corso da parecchi anni. Questo ha come conseguenza la creazione di bolle speculative (una “bolla” si ha quando il prezzo di un bene è sconnesso dal suo valore reale, ma vedremo questo in un prossimo articolo).

Se avete capito tutto, dovreste domandarvi questo: Perché la BCE non presta direttamente agli stati? Questo permetterebbe di fare a meno di un intermediario (i mercati finanziari) e di annullare i debiti in caso di crisi maggiore. Ci sono diverse ragioni ma principalmente una certa idea dell’economia e una normativa messa a punto per aderire a questa visione del mondo, in particolare con la distorsione dei trattati. Un altro obiettivo è sostenere i mercati finanziari che, se affondassero, porterebbero con loro l’insieme delle banche, dipendenti dai mercati di borsa e dal loro valore. Il liberalismo si fonda su una fiducia estrema nella più grande efficacia dei mercati per regolare l’economia, e di conseguenza in un intervento minimo degli Stati.

L’altro strumento che verrà mobilitato dagli Stati sarà, per la maggior parte di essi, lo stimolo fiscale. Si tratta della politica detta Keynesismo (di orientamento Keynesiano), vale a dire che lo stato spende importanti somme di denaro al fine di mantenere il livello di attività economica (aggiungerei: sostenendo la domanda). Queste spese possono essere degli investimenti, come la costruzione di strade o ospedali, o delle spese dette correnti, come il pagamento del salario dei funzionari. Per effettuare queste spese, gli stati fanno appello ai mercati finanziari al fine di ottenere fondi. L’accesso a questi fondi sarà fatto ad un costo ragionevole grazie alla politica di Quantitative Easing (lo abbiamo visto prima, come on) condotta dalla banca centrale. Ad esempio, oggi si parla di un piano dello stato francese di 100 miliardi; questo è lo stimolo fiscale.

L’utilizzazione di questi strumenti non è stata senza conseguenze: per rimborsare i prestiti contratti, erano attese da parte degli stati politiche di austerità, politiche che hanno comportato un aumento importante della disoccupazione (9,6% negli Stati Uniti nel 2010 contro 4,6% nel 2007), una progressiva disintegrazione dello stato sociale, un grosso aumento delle ineguaglianze sociali…E per mantenere il corso normale delle cose malgrado la debolezza del sistema, c’è stato bisogno di aumentare il processo di sorveglianza di massa, inasprire il mantenimento dell’ordine, atomizzare i modi di vita, domandando sempre più sforzi ad ognuno per salvaguardare un modello economico che serve solo ad una minoranza.

Lo si vede, le politiche condotte in Europa e nel mondo hanno permesso di mantenere il sistema liberale. Ma malgrado tutti i nostri sforzi, l’economia non è rientrata in una nuova età dell’oro e anche prima della crisi successiva, nulla era veramente sistemato: la disoccupazione è sempre molto elevata, i poveri sono sempre più poveri, i ricchi più ricchi, e gli aiuti sociali spariscono sempre di più, e per coronare il tutto, si continua ad eleggere i responsabili del disastro per governarci. E mentre i momenti di contestazione si susseguono senza discontinuità da diversi anni, abbiamo visto inasprirsi i mezzi utilizzati per mantenere l’illusione di una Francia in marcia.

Eccoci insomma alla vigilia di una crisi ben più grande ancora. Il seguito nel prossimo articolo.