DUE POESIE

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Di seguito pubblichiamo — per la prima volta — alcune poesie. Non per amore della “forma” in sé, o per insistere su un certo tipo di linguaggio irrigidito. Si tratta semplicemente di certe cose che dette in versi suonano meglio che in prosa. Buona lettura.


INOLTRARSI

I

: finora solo brutte fini

solo disciolte solite incomprese

mimiche del resto  finora  o peggio:

«di questo nostro credo impronunciabile

    dissimulato male»

sempre sul no-  noi  ma come diluendoci  

(perché altrimenti rifiutarsi, 

perché altrimenti non buttarsi via,

darsi alla macchia, se non era questa la 

compagneria di vita  e il foco  e l’ossa

e questi lacci che uno  poi si arroga  o ci si impicca)

  [ripeterselo spesso nonostante 

  il rancido  il narcotico

  in questo andare sempre verso

  un altro- un non-  esistere]:

 II

  non piangere   ma ricordare

  non ricordare   e superviversi

  da questo centro tremolante svaporato 

io

  che non sono un’altra o una parola

  ma sto per ciò che ci divide

  che sussurra ancora dura    e provvisoria

  in questo più deserto campo e tardo

     e misurato e malinconico 

la resa, e l’ecstasi, e la grande fuga

III

non reinoltrare più gli sguardi

basta fwd: sguardi  basta

sporgere reclami  porgere réclame  proselitare il genio

proletarizzare  il necessario  il responsabile  il colpevole  

che stanche palpebre e che mezzi svegli  noi

noi volti ai nostri propri    spettri 

così indagati noi   da questi o da questure 

e questi noi sempre citati  o giudiziosi noi 

con l’obbligo di firma    o la firmetta d’obbligo

sì, conniventi veri noi se tra i frantumi 

dell’incommentabile documentabile

serriamo gli occhi ancora  et orbi urbani 

e paralitici metropolitici  

[o luna nuova, o musa, o ciechi]

e l’ultimo esangue

non parla non pensa non piange

nel suo pastiche finto semplice candido:

IV

di questo e ben altro si parla 

in queste sere della poca vita 

tra questi e ben altri che promettono «più vita»

tra chicchirichì chiagne e chi     davanti allo specchio

dove i soliti noti e il terrore e la ragione stanno

e uno spreco di fiato

……………………………

ma noi lo sappiamo che noi 

non abbiamo e non siamo

per noi più cose opache, grazie

anche le pacche vanno bene

si riflette meglio nel vibrare del colpo

da ciascuno secondo le ossessioni

a ciascuna secondo i suoi terrori

PORNOGRAFARE E DOMINO

I

[non più la neve ma di neve cloni     di andrà tutto 

e sarà tutto  e ce l’abbiamo a casa (a casa:)   e queste corpo-rate: da pagare caro 

«sono la stessa imago»   e così uguali a noi sì care   e noi 

e noi non siamo uguali    ma fatali 

        e quieti]

Questa è un’esercitazione  

contare le morti sulle punte

delle loro dita        dei piedi

convenire anche in questo

scavare insieme senza corpo i ricordi

scongelare gli avanzi al fornello dell’orrido

e il gel poltiglia tra realtà e 

«non è vero ciò che è vero è vero ciò che

ciò che sospende il fiato»

II

morire non è nuovo, siamo capaci anche da soli

ma turbati ancora nella notte alta

negli indizi dei tuoi numi erigiti    melenso tasso 

la poltiglia-gel è bua è bio

è buona per un trucco nude una vellutata 

un pasto un impasto un rimpasto 

staremo bene     non sembreremo nemmeno vivi

III

il gel-poltiglia non si sente è quasi come se non c’è

è praticamente vera la pubblicità in tv

non sapevo che c’erano ancora e invece

«non saremo mai più gli stessi» dice 

parla una sua lingua, una lingua del passato

come questa

lei che non deve più nulla e ora

che nostalgia di esserci come chiunque      come qualunque

in ci-ci-enne in doppia copia     in calce viva 

in ogni io-gioco e giogo ineludibile

in ogni agone agonizzante     in ogni mondo da 

[che cosa non si fa per dirsene i migliori    «da che mondo è mondo»]

dal carosello atomico allo scroll virale

veniteci passati 

come formulari o formule o form   

IV

ritornare al sé non al sì sì (no no)     consistere solo 

nel sovrappiù dentro il maligno in un altrove

per ora ricordate solo mani

così vostre e mie di estremità terrestri

che il mondo non vi spiega più

nella storia-spasmo di sempre

i chirurghi allegroni coi guanti che schioccano

e i chimici piccoli piccoli

e le piccole e medie fabbriche dei mostri

(questa infanzia ossessa quasi fosse un sesso

senza più durata)        e plasmon-plasma ecc. ecc.

e intanto altri action man, altri playmobil

mai una sailor in questa piazza 

funestata dall’orrore e dalla pietà 

di altre estensioni e sfori nel cosmo

e questa verità che piace        e finalmente dice

finalmente cose estese        finalmente

robot e rabota-io      macchina e servo

nome e verbo-io      mente 

e cuore di tutte e di tutti

V

giusto un friendly reminder

che vi faremo a pezzi

fondali di cartapesta 

di do-ut-des di vedo-non-vedo

ti faremo a pezzi atroce voi

tu che desideri e non immagini

non immagini l’ira e il dopo

voglio solo dirti grazie

grazie che sei tornata a spaventare le mie strade

col tuo silenzio e senza dolore

«torneremo ancora a sognare a scorgere

a distruggere»

questa è un’esercitazione


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