DUE POESIE

Di seguito pubblichiamo — per la prima volta — alcune poesie. Non per amore della “forma” in sé, o per insistere su un certo tipo di linguaggio irrigidito. Si tratta semplicemente di certe cose che dette in versi suonano meglio che in prosa.

CIÒ CHE NON SI PUÒ AVERE (GIUSTIZIA-AMORE-VERITÀ)

“Una parola che non suoni come l’ipotetico verbo della salvezza pronunziato dal di fuori del disastro, non si ponga come ricattatorio e falso modello d’un “altrimenti” che non può darsi; ma suoni invece, compromessa, distorta, a malapena riconoscibile, dal di dentro del disastro (non dalla parte del disastro) dove tutti stiamo, ugualmente dannati, e finisca per valere come pegno — come uno dei pegni — di resistenza, d’oltranza, d’irriducibilità all’inumano.”

«”L’OPERAZIONE” SI CONCLUDE QUI»: GIORGIO CESARANO AL TERMINE DELLA LETTERATURA

“Quando Cesarano, di colpo, rinunciò a tutto questo per dedicarsi interamente prima al lavoro politico con un numero sempre più esiguo di compagni e poi a una riflessione teorica severamente e dolorosamente solitaria, era convinto, credo, di compiere l’ unico gesto rivoluzionario ormai consentito a un artista: sopprimere con la propria arte la sottomissione al «dominio reale del capitale» che in essa oggettivamente, inevitabilmente si incarna e si perpetua.”